domenica 26 febbraio 2012

Pommard 1er Cru Chaponnières 2002, Raymond Launay

La Borgogna è terra di contrasti.
Praticamente solo due vitigni agli antipodi: il più fine e sensibile vitigno rosso e il più grasso e potente vitigno bianco.
Coltivazioni intensive meccanizzate si contrappongono a lavorazioni arcaiche di piccoli appezzamenti.
Vigneti famosissimi, sono fianco a fianco con vigneti sconosciuti, separati soltanto da muretti di pietre.
Piccole quantità dei vini più costosi al mondo e grandi quantità di vini mediocri da grande distribuzione.
Alcuni famosi produttori passati da anni a coltivazione biodinamica, ma senza dichiararlo, e piccoli viticoltori
che hanno fatto del biodinamico la loro bandiera per farsi conoscere.
Vini strepitosi ed indimenticabili e le più grosse delusioni degustative.
Tutto questo lo può riscontrare chiunque, facendo un breve viaggio in Borgogna, che peraltro consiglio vivamente, e chiunque, come è capitato a me, potrà avere grandi delusioni ma, quando capita la bottiglia giusta, si capisce perché questa regione è tanto famosa.
Da quelle parti, per fortuna, le annate si differenziano molto l’una dell’altra e loro ne sono fieri.

Avendo la possibilità di assaggiare una verticale da qualsiasi produttore lo si può verificare di persona. I vini risulteranno profondamente diversi di anno in anno, anche di annate adiacenti.
Tra i tanti, troppi, acquisti che ho fatto qualche anno fa, c’era anche questo Pommard.
Era rimasto in attesa, quasi volessi allontanare il più possibile l’ennesima delusione.
Ormai ho capito che, spesso, questi vini sono ottimi ma austeri da giovani, poi si chiudono in un letargo che, se risvegliato bruscamente, ti porta ad una cocente delusione.
In questo caso l’attesa è stata premiata.
Probabilmente il Pommard era già uscito dal suo letargo gusto-olfattivo e mi ha regalato un assaggio memorabile.
Piccolo produttore, piccola la cantina, vendita diretta con assaggio tra le botti. Così mi piace.
Il colore è granato trasparente, con bei riflessi rubino brillante.
Sembrerebbe leggero, ma tutte quelle lacrime lo fanno sembrare un vino da 15 % di alcool.
Il bicchiere è un macigno.
Il profumo è intenso.
Complesso di sottobosco fruttato di lampone.
Piccante di pepe bianco, noce moscata e macis.
Balsamico di sottobosco di pineta marittima e resina di pino.
Cambia in continuazione, difficile stargli dietro, non mi dilungo.
Il sorso è secco, asciutto, di buona morbidezza.
Il tannino è da manuale, finissimo e vellutato.
Lungo il finale.
Bevibilità incredibile con un equilibrio perfetto.
Ha accompagnato con gusto un petto d’anatra al vino rosso. ( Sarebbe andato alla grande anche da solo ).
Ma come si fà a dover lasciare sette anni una bottiglia in cantina prima di aprirla ?
Borgogna : gioie ( come questa ) e dolori ( aspettare sette anni ).

4 commenti:

  1. bello dani, davvero. mi hai fatto voglia di andare in borgogna (non è vero, l'avevo già!) ;))
    bravò

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  2. Grazie Fabio, spero prima o poi di poter andare insieme.

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  3. conosco da tempo la cantina in questione e non posso che confermare parola per parola quanto hai scritto,compreso il fatto che muoversi tra i vini di borgogna non è quanto di più facile,si può passare dall'eccellenza al vino mediocre venduto a prezzi sempre e comunque "importanti",ritengo che essermi imbattuto la prima volta in questo produttore nell'ormai lontano 2000 sia stato molto più che un colpo di fortuna.ad anni alterni continuo a comperare e mettere in cantina,aspettando................pazientemente

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    1. Allora sono stato molto fortunato a trovarla, quasi per caso.
      Se tu avessi qualche consiglio da darmi su altre piccole cantine come questa, sarebbe ben accetto.
      Grazie della visita.

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