lunedì 24 febbraio 2014

Barolo DOCG, Barolo Riserva 2001, Giacomo Borgogno & Figli



Non sono un’esperto di Barolo, tantomeno di Nebbiolo in generale, ma è un vino che ho sempre amato, fin
da quando, da bambino, mi facevano assaggiare una goccia di quell’unica bottiglia che si apriva a casa mia
in un anno, cioè il giorno di Natale.
Non ho mai gradito invece, il gusto e il profumo di quello che per me era il vino, cioè il Lambrusco, quello imbottigliato a casa, quasi sempre grezzo, a partire dai profumi e spesso abboccato, con tannino ruvido che legava i denti.
Questo invece, con quel profumo fine e il gusto secco, con un tannino vellutato che puliva la bocca, mi ha sempre affascinato.
Non sono vini che mi posso permettere spesso, ma ogni tanto, più o meno come succedeva in famiglia una volta, ne compro una bottiglia.
E son vini difficili però, ma con un fascino intrinseco.
Sarà per quella complessità di profumi che vanno dalla viola al tabacco, dalla ciliegia al cuoio, restando sempre timidamente contenuti, oppure quel gusto fresco, asciutto, dal tannino fittissimo, che è facile restare ammaliati.
Niente che stoni o prevarichi gli altri aspetti, tutto armoniosamente dosato e controllato.
Sul momento, l’impressione è che non colpisca, non stupisca.
Poi, ripensandoci, ed avendo ancora in bocca quel gusto piacevole, penso sia la sua peculiarità.
L’idea di un vino per nobili, o di un vino nobile.
Sarà la nobiltà del Nebbiolo….

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